Un mondo in cui 62 super-ricchi possiedono la stessa ricchezza di metà della popolazione più povera – solo 6 anni fa erano 388 – è un mondo immorale. Un dato che racconta l’enorme disuguaglianza di reddito nel nostro pianeta e che vanifica la lotta alla povertà globale.
“Un’economia per l’1%” questo il titolo dell’ultimo rapporto dell’OXFAM, autorevole federazione di 18 organizzazioni umanitarie e attiviste che si occupano di povertà, diritti umani e ingiustizie nel mondo.
Nonostante i leader mondiali abbiano dichiarato in più occasioni la necessità di contrastare la disuguaglianza, il divario tra i più ricchi e il resto del mondo è drammaticamente cresciuto negli ultimi 12 mesi. Le previsioni di Oxfam, secondo cui l’1% della popolazione mondiale avrebbe posseduto più del restante 99% entro il 2016, si sono confermate con un anno di anticipo.
I paradisi fiscali sono quei luoghi nei quali multinazionali ed élite economiche si rifugiano evitando di contribuire, con la giusta quota di tasse, al finanziamento di servizi pubblici gratuiti e di qualità a tutti i cittadini. Oggi 188 delle 201 più grandi multinazionali sono presenti in almeno un paradiso fiscale, alimentando una disuguaglianza economica estrema che ostacola la lotta alla povertà.
A livello globale gli investimenti offshore dal 2000 al 2014 sono quadruplicati, e si calcola che 7.600 miliardi di dollari di ricchezza di privati individui – una somma equivalente ai tre quarti della ricchezza netta delle famiglie italiane nel 2015 – sia depositato nei paradisi fiscali. Se sul reddito generato da questa ricchezza venissero pagate le tasse, i governi avrebbero a disposizione 190 miliardi di dollari in più ogni anno.
Vengono in mente le parole di Papa Francesco a Bangui
Faccio appello una volta ancora a tutti voi: “Non dimenticate i poveri!”. Questa è la sfida primaria che, come dirigenti nel mondo degli affari, avete dinanzi. «Chi ha i mezzi per condurre una vita dignitosa, invece di essere preoccupato per i privilegi, deve cercare di aiutare i più poveri ad accedere anch’essi a condizioni di vita rispettose della dignità umana, in particolare attraverso lo sviluppo del loro potenziale umano, culturale, economico e sociale»
Ma anche nell’Evangelii Gaudium.
Non dobbiamo mai permettere che la cultura del benessere ci anestetizzi e ci renda «incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli altri», così che «non piangiamo più davanti al dramma degli altri né ci interessa curarci di loro, come se tutto fosse una responsabilità a noi estranea che non ci compete»
Queste persone dimenticate non solo costituiscono la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, ma interpellano ciascuno di noi.
Dobbiamo avere il coraggio di rimboccarci le maniche con umiltà, senza rimpianti e ripensamenti, abbandonando l’indifferenza che ci attanaglia. La tentazione è sempre la stessa: la delega. Dobbiamo essere consapevoli che anche le nostre azioni sono causa di ingiustizia e disuguaglianza.
Pertanto
«apriamo i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto. Le nostre mani stringano le loro mani, e tiriamoli a noi perché sentano il calore della nostra presenza, dell’amicizia e della fraternità. Che il loro grido diventi il nostro e insieme possiamo spezzare la barriera di indifferenza che spesso regna sovrana per nascondere l’ipocrisia e l’egoismo»
(Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia, Misericordiae Vultus, 15).
Noi siamo più dei 62 super ricchi. Siamo più di loro. Pur con tutti i nostri difetti, noi siamo di più. Siamo di più dei super ricchi, dei corrotti, dei finanzieri senza scrupoli. Siamo più numerosi di qualunque minoranza coesa che cerchi di dominarci con le armi del potere e della paura. Averne consapevolezza, lo so bene, non basta. Ma è la premessa per svegliarsi dall’incubo e provare a trasformarlo in un sogno.